Amministrazioni Condominiali GIUSEPPE LABRUZZO

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Riscossione morosita' a chi spetta

 legge attribuisce all'amministratore l'obbligo di riscuotere le spese condominiali, anche in via forzosa nei confronti dei condomini non in regola con i pagamenti. Ma cosa succede se l'amministrazione rimane inerte?

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La morosità è uno dei problemi principali della gestione degli immobili. Lo certifica anche una recente indagine realizzata da Adnkronos  [1]  . Chi non paga scarica di fatto i propri costi sugli altri condòmini mettendo spesso in difficoltà lo stesso amministratore.

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In effetti, a fronte della morosità dei alcuni condomini, quelli in regola con i pagamenti rimangono esposti a tutta una serie di conseguenze negative. Si pensi, ad esempio, al pagamento in ritardo delle utenze condominiali ed al pericolo di subire spese di mora o, addirittura, la sospensione dei servizi e delle utenze.

I condomini "virtuosi" potrebbero essere esposti anche al rischio di azioni esecutive intraprese dai terzi creditori del condominio, sebbene il nuovo art. 63 disp. att. c.c., modificato dalla legge di riforma, abbia imposto il vincolo di aggredire prima i condomini morosi.

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In ogni caso, la presenza di condomini morosi crea comunque un'atmosfera che non facilita certo una serena gestione del condominio. È più che legittimo che i condomini che hanno sempre puntualmente pagato abbiamo da ridire nei confronti di coloro che, invece, non pagano o pagano con notevole ritardo, continuando a beneficiare di beni e servizi comuni ed a rivendicare i propri diritti.

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Il soggetto preposto al recupero degli oneri condominiali è l'amministratore del condominio. La legge parla chiaro: tra le sue attribuzioni figura quella di "riscuotere i contributi" (art. 1130, comma 1, n. 3, c.c.). L'art. 63 disp. att. c.c. prevede poi la possibilità del recupero forzoso nei confronti dei morosi mediante lo strumento del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea e senza preventiva autorizzazione da parte di quest'ultima.

Recupero che oggi configura un vero e proprio obbligo per l'amministratore, che è tenuto ad egire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale credito esigibile è compreso, salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea.

L'amministratore che non si attiva tempestivamente, oltre a rischiare la revoca dall'incarico, può incorrere in responsabilità contrattuale per inadempimento degli obblighi derivanti del suo mandato, con conseguente condanna al risarcimento degli eventuali danni subiti dal condominio a causa della sua condotta inadempiente.

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In realtà, già prima della legge di riforma del condominio n. 220 del 2012, la giurisprudenza era concorde nel riconoscere all'amministratore il potere di agire senza richiedere la preventiva autorizzazione dell'assemblea, per il recupero delle spese sia ordinarie che straordinarie  [2]  .

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Il nuovo art. 63 disp. att. c.c. dispone altresì che "in caso di mora nel pagamento dei contributi si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato".

Il potere di sospensione in esame, in realtà, pone non pochi interrogativi, primo fra tutti quello relativo all'individuazione dei servizi oggetto di sospensione, che dovrebbero essere tutti quelli suscettibili di godimento separato, compresi i "servizi essenziali" come riscaldamento, acqua, luce, ecc.

Proprio il coinvolgimento dei servizi essenziali impone di interpretare la norma in maniera "costituzionalmente orientata", bilanciando attentamente i contrapposti interessi di volta in volta coinvolti [3] .

La legge mette dunque a disposizione dell'amministratore una serie di strumenti per la riscossione degli oneri condominiali, peraltro da attivare entro termini ben precisi nei confronti dei morosi.

Tuttavia, può accadere che l'amministratore, per svariate ragioni, non si attivi.In questo caso, al singolo condomino non resterebbe che reagire chiedendo la revoca dell'amministratore inadempiente e la nomina di un nuovo amministratore, eventualmente anche ricorrendo al giudice competente. Si tratta però di un rimedio che non risolve direttamente il problema. Non è detto che la nomina di un nuovo amministratore porti sempre ai risultati sperati.

Inoltre, per la revoca e la nomina del nuovo amministratore occorre, ovviamente, una deliberazione dell'assemblea; se non si raggiungono le maggioranze richieste, potrebbe essere necessario agire dinanzi al giudice competente, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempo e di costi da sostenere.

Ci si chiede allora se il singolo condomino possa sostituirsi all'amministratore inadempiente, agendo direttamente contro i condomini morosi.

Sul punto, non vi sono disposizioni di legge in grado di darci una risposta univoca. Tuttavia, sembra possibile avvalersi di quelle norme del codice civile (art. 1134 c.c.) che permettono al singolo di agire personalmente in caso di pericolo imminente, sostituendosi all'amministratore nella tutela della cosa comune  [4]  .

La norma esprimerebbe un principio generale a cui poter ancorare la legittimazione del singolo condomino ad agire contro i condomini morosi al posto dell'amministratore, a tutela del bene comune rappresentato, in questo caso, dalla corretta gestione contabile/amministrativa del condominio.

Per non essendoci sentenze specifiche in materia, la Corte di Cassazione  [5]  ha ritenuto che l'attribuzione, in determinate materie, all'amministratore della legittimazione ad agire in nome del condominio non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa dei propri diritti esclusivi o dei diritti comuni.

Sempre la suprema Corte [6] ha ammesso(seppur con talune limitazioni) che ogni singolo condomino possa reagire all'inerzia processuale dell'amministratore impugnando, con effetti che si ripercuoterebbero su tutti i condòmini, la sentenza sfavorevole resa nei confronti del condominio.

Numerose anche le sentenza di merito in tale senso, tra cui quella del Tribunale di Ascoli Piceno [7] , secondo cui: "l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli condomini della facoltà di agire a difesa degli interessi, esclusivi e comuni, inerenti all'edificio condominiale".

In sostanza,i principi generali che è possibile ricavare dal tessuto normativo e giurisprudenziale sembrano consentire al singolo condomino, seppur eccezionalmente, di sostituirsi all'amministratore inadempiente (sempre che quest'ultimo non abbia ricevuto dall'assemblea l'autorizzazione a non perseguire i morosi) e tutelare il bene comune,nel nostro caso agendo direttamente nei confronti dei condomini in ritardo nel pagamento delle spese condominiali.